Ass. Cult. DisorderDrama

Disappears (Chicago) + His Clancyness (Bologna)

Abbiamo aspettato tanto un’occasione ghiotta come questa. Di domenica. I Disappears (ex membri di 90 Day Men e The Ponys) da Chicago insieme agli His Clancyness. Una serata di postpunk per fan di Jesus & Mary Chain, My Bloody Valentine, Joy Division, Can, Neu!, Velvet Underground, Wooden Shjips.

INGRESSO Intero 10€ / Ridotto 8€

Disappears
(Maple Death – Chicago USA)
His Clancyness
(Fat Cat – Bologna/Ottawa ITA/CAN)

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Disappears
(Maple Death – Chicago USA)

info: Formati sul finire del decennio scorso da Brian Case, già perno della scena cittadina coi debordanti The Ponys e con quell’oggetto di culto che furono i 90 Day Men, i Disappears vantano un percorso artistico che tiene insieme il post-punk teso, chitarristico e venato di reiterazioni kraute dei primi dischi e le smaterializzazioni ectoplasmiche di matrice avant-rock dell’ultimo (acclamato) lavoro.
Imperdibili se vi piacciono: Jesus & Mary Chain, My Bloody Valentine, Joy Division, Can, Neu!, Velvet Underground, Wooden Shjips…
Gran live band.
Disco del mese di Gennaio 2015 per Blow Up
press: “Gelida ispirazione kraut, la voce di Brian Case minacciosa e malata, atmosfere cavernose…” Rolling Stone
“Groove insistente e marcato, vertiginose linee di basso come in una jam session jazz, voce che salmodia e chitarra in continuo andirivieni tra tensione ritmica e lunghi lanci psichedelici.. una delle espressioni più promettenti dell’odierna scena neopsichedelico-krauta” (7/8) Stefano Isidoro Bianchi / Blow Up
“Riattiva alla memoria l’immaginario hard psichedelico inglese di fine anni ’80 il comeback dei Disappears. Tutto quel sottobosco di rockers duri in fissa con la psych più dilatata e le ossessive reiterazioni kraute – dagli Spacemen 3 ai Loop fino ad arrivare agli Hair & Skin Trading Co. – sembrano convenuti al sabba orchestrato dall’ex 90 Day Men Brian Case (voce e chitarra) in combutta col chitarrista Jonathan van Herik, il bassista Damon Carruesco e il dimissionario drummer Graeme Gibson. C’è lo stesso gusto per ambientazioni post-industriali seppur con le debite distanze: l’Inghilterra tatcheriana dei sobborghi post-crisi era molto più deprimente e oscura rispetto alle lande da cui provengono i quattro ceffi qui presenti. Fatta salvo questo lieve scarto, gli strumenti in mano ai Disappears e i risultati non sono poi dissimili da quelli messi in atto ormai quasi un ventennio addietro da Loop et similia. Ossessività e reiterazione, distorsioni chitarristiche e drumming incessante, bassi groovey e atmosfere claustrofobiche, trance indotta a furia di procedere ipnotico: questi gli ormai ben noti ingredienti dispensati a piene mani in Guider e che pongono il quartetto americano sullo stesso piano di altri sbandati americani, drogati di kraute ossessività come Moon Duo o Wooden Shjips. Certo poi che un pezzo come Revisiting, 16 minuti di ipnosi spossante e urbane allucinazioni alla maniera dei krauti più drogati, rimette profondamente in pace col mondo in disgregazione” 7/10, Sentire & Ascoltare
sito: http://www.disappearsmusic.com
facebook: https://www.facebook.com/Disappears-130849953637535/?fref=ts
audio: https://soundcloud.com/mapledeathrecords/05-always-crashing-in-the-same
video: https://www.youtube.com/watch?v=kESdOgLMc-M
video: https://www.youtube.com/watch?v=2lHIF4XTSo0

His Clancyness
(Fat Cat – Bologna/Ottawa ITA/CAN)

info: His Clancyness non è il nuovo progetto di Jonathan Clancy. His Clancyness è Jonathan Clancy. Ma attenzione: “Vicious”, il primo album ufficiale in uscita per la britannica FatCat il 7 ottobre, non è un resoconto della sua vita. Qui si entra nelle sue visioni, nei meccanismi che regolano la sua musica. Sapere che il nostro canadese trapiantato a Bologna è ossessionato dal rock n’ roll, dalla pop culture e dalla fotografia, che ha vissuto in dodici città diverse e che ha suonato in quasi tutto il mondo con Settlefish e A Classic Education, è il punto di partenza per potersi approcciare a “Vicious” in maniera profonda, cruda, totale. Perché “Vicious” è il modo in cui Jonathan colma le distanze, fissa un punto lontano e lo raggiunge. Si permette di indossare maschere ed essere, all’occorrenza, feroce. Vicious è un album che odora dell’aria e delle rovine di Detroit, la città in cui Jonathan, insieme a Paul Pieretto, a Jacopo Borazzo e al produttore Chris Koltay (già con Liars, Atlas Sound, Akron/Family, Lotus Plaza e Dirtbombs), ha registrato in tre settimane il suo primo LP, sotto l’ombra dell’abbandonata Michigan Central Station, agli High Bias Recordings. Un album denso, pieno di dettagli nella musica e nelle parole, svariati livelli che si sovrappongono e si compenetrano, shoegaze e metriche kraut, glam mischiato al cantautorato folk (quello americano, of course). Attenzione spasmodica ai particolari, perché Jonathan è un tipo che si prende dannatamente sul serio, e il risultato sono dodici brillanti canzoni pop, ma allo stesso tempo crudeli e surreali, come gli scatti di Guy Bourdin. Fotografie quasi malvagie, ma commissionate da Vogue o da Chanel. E come negli scatti di Bourdin, il punto focale di ogni canzone si individua immediatamente, per poi scoprire tutto quello che ci sta dietro, i rimandi ad influenze diversissime come Can, Scott Walker, Sonic Youth, Velvet Underground, Gun Club, The Beach Boys, Swell Maps, l’equilibrio di ogni singolo strumento, la ricercatezza di testi che solo un madrelingua sa concepire. Si parte drittissimi con “Safe Around The Edges”, per farsi subito cullare dalle onde di synth in “Miss Out These Days”, vera novità di Vicious rispetto agli EP finora pubblicati come His Clancyness. E se “Gold Diggers” è una ballata country, dolce nella melodia quanto spietata nelle liriche, “Hunting Men” torna su binari lineari e prende in prestito il punto di vista crudele di un’aquila rispetto alla disgrazia umana (I can only press on air, I can only feast on you), mentre “Slash The Night” aggiunge batterie sintetiche alle batterie vere, per raccontare di un omicidio nel bel mezzo della notte.“Run Wild” è stratificata, sognante, appoggiata sul bordo del rullante e costruita su synth e su chitarre luminose, fino a defluire in “Machines”, che è come se Neil Young suonasse kraut con i Jesus And Mary Chain a fargli da backing band.“Avenue” è l’unica canzone che non sa di Detroit, registrata a Bologna e su Bologna, delicata quasi per provare a controbilanciare una scossa di terremoto inimmaginabile fino ad un attimo prima che accadesse. “Crystal Clear” fa affidamento alle pulsazioni di basso (dal vivo suonato da Emanuela Drei) e ai tappeti di tastiera (affidati a Giulia Mazza) prima di gonfiarsi nel ritornello, mentre per definire “Zenith Diamond” non c’è niente di meglio che usare le parole di Jonathan stesso, perché l’inglese sa essere puntuale e sintetico come poche altre lingue al mondo: “it’s a glam punk wire song”. Il disco prosegue con la strumentale “Castle Sand Ambient”, episodio rilassante che si gonfia piano piano, come guardare un’onda mentre si avvicina alla battigia, prima di arrivare alla traccia conclusiva “Progress”, in cui Mr. Clancy diventa Mr. Pollock con tutte le sue paranoie e la sua genialità, e la canzone stessa si trasforma in un lungo vortice colorato, fino al misterioso finale che strizza l’occhiolino a (oh my gosh!) Dario Argento. Questo è “Vicious”, questo è His Clancyness in tutto il suo splendore. Questo è un esordio non comune, di una delle realtà musicali più interessanti che si possono trovare in giro a livello europeo, non solo nel cortiletto di casa. Non per altro, His Clancyness è stato messo sotto contratto dalla FatCat, la label con sede a Brighton che ha pubblicato anche Sigur Ros e Animal Collective. Scusate se è poco.
press: “C’è il glam-punk di “Zenith Diamond” (provate a star fermi, se ci riuscite), c’è Neil Young in “Machines”, c’è il country di “Gold Diggers”, c’è la chitarra-voce di “Avenue” e la strumentale “Castle sand ambient”. C’è il dream-pop e il rock, quello kraut, quello americano e quello elettronico. Ah, poi ci sono anche molti synth e tastiere (Giulia Mazza) che a volte si alleano coi bassi e le percussioni (i primi in sala di registrazione Paul Pieretto e dal vivo Emanuela Drei, le seconde Jacopo Borazzo), rendendo le atmosfere più dark, più 80s, come in “Crystal Clear” o, complici delle chitarre, le scioglie, rendendole più rarefatte e luminose, come in “Slash the night”.” Teresa Bellemo – Rockit.it
sito: http://www.hisclancyness.com
blog: http://hisclancyness.blogspot.it/
facebook: https://www.facebook.com/hisclancyness
audio: https://soundcloud.com/hisclancyness
video: https://www.youtube.com/watch?v=2cl54O9eW30

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28 Nov 2024

Archivio CMPSTR

Dall’ottobre 2008 al settembre 2017 abbiamo tenuto un blog su tumblr ripostando tutti link, recensioni, video e immagini su un po’ dei gruppi genovesi che combinavano sfracelli fuori dalle mura di casa. Stiamo mettendo a posto l’archivio. Buona ricerca

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